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Toni Milano

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/ BIOGRAFIA /

1981 - 2003, la prima vita | La spensieratezza dell’infanzia
Antonio "Toni" è un ragazzino vivace, apparentemente in buona salute, che ha iniziato a svolgere una carriera ciclistica, divertendosi spensieratamente, sin dalle prime categorie “piccolissimi” (dai sei anni). Per lui era un gioco, un bellissimo gioco.
Da subito il piccolo Toni ha una visione ben chiara, e coltiva già un sogno nel cassetto; negli anni successivi scalerà tutte le categorie, seguendo la progressione naturale dello sviluppo fisico e mentale, fino ad arrivare da ragazzo al atleta professionista su strada e su pista, e negli ultimi anni della sua carriera agonistica si ribattezza con il soprannome “Il guerriero”.
Fin dalla gioventù Toni si forma sia nella pratica sul campo che seguendo diverse formazioni specifiche, che lo portano a collezionare qualifiche, responsabilità e a guadagnarsi la fiducia del mondo del ciclismo a 360 gradi.

2003 - 2012, Il tempo di mezzo | La scoperta della malattia
Non sapevo ancora di essere affetto, sin dalla nascita, da una patologia genetica rara ereditaria, che mi avrebbe presto profondamente cambiato. Da ragazzo, nella vita di tutti i giorni, cominciai ad avvertire i primi vaghi sintomi di questo male, come difficoltà a correre anche per brevi tratti, o a fare più piani di scale. Sintomi subdoli, difficili da identificare e collegare a qualsiasi patologia, sia per me che per i tanti, forse troppi medici a cui mi ero rivolto.
Iniziai quindi a sostenere valanghe di esami e di accertamenti, sostenuto solo dalla mia volontà e tenacia, ma senza nessun esito concreto, ricavandone soltanto molta confusione. Non scoprii niente se non un innalzamento delle transaminasi epatiche, che si rivelò poi essere nella frazione muscolare.
Nel 2003 mi sottoposi a una biopsia muscolare più precisa, difficile da analizzare anche in una struttura idonea, oltretutto complicata da trovare. Avevo solo capito per il momento che si trattava di una forma genetica rara di distrofia muscolare.
Iniziò cosi un percorso segnato da questo incubo che mi perseguitava, mi toglieva un po’ di allegria e voglia di stare assieme, qualità che mi hanno sempre contraddistinto. Continuavo comunque a fare tutto "a pane e ciclismo", forse anche di più di prima, e cercavo di capire quali conseguenze avrei affrontato, e perché fosse successo proprio a me. Finiva così il tempo dell’innocenza e della spensieratezza.

2012, la seconda vita | La rinascita
La mia vita di prima sembrava finire. La mia vera seconda vita iniziò nel 2012, dopo gli anni inclusi fra la diagnosi del 2003 e i seguenti anni incerti spesi fra ricerche ed esami, e iniziò con un nuovo percorso che, a livello medico, diventò se possibile ancora più duro, più incerto e serio.
Dal 2012, ci furono un susseguirsi di analisi, terapie, visite mediche, per inseguire e trattare la degenerazione incessante del mio male, e di conseguenza ho affrontato anche un grande lavoro mentale su me stesso.
Decisi che, avendo allora identificato cosa mi affliggeva, sarei riuscito ad accettare le mie responsabilità. Riflettei che la malattia avrebbe forse condizionato la mia vita, ma non il mio essere interiore, e che avrei trovato il modo di reagire per potermi poi prendere cura della mia salute nel miglior modo possibile.
Mi resi conto che il ciclismo, fin dalle prime pedalate, non mi stava solo formando da atleta, ma soprattutto da uomo; realizzai che mi stava accompagnando anche nella quotidianità in ogni situazione, dandomi da sempre insegnamenti sul come vivere la mia vita. In quell’istante compresi che stavo combattendo la prima battaglia della mia seconda vita, e decisi che non avrei perso la guerra.
Accettare questa situazione, anche per me, è stato ed è tuttora difficile. C’è bisogno di una grande forza di volontà per non sprofondare nel vittimismo e per riuscire a sorridere alla vita.  Non dimentichiamo che dietro “Il guerriero” c’è anche “Il Toni”.

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La mia cartella clinica non mi definisce: io non sono diventato una malattia o una patologia, non sono la mia carrozzina: sono il Toni, com’ero sempre stato, e come sempre sarò:  vedendo una persona che non cammina o con una disabilità spesso la si etichetta solamente per quello che ha, e non per quello che è dentro, per la sua umanità, per la sua personalità, il suo carattere.
È difficile, ma questi pregiudizi possono essere combattuti e vinti, pensando alla persona, invece che alla sua malattia. Siamo tutti umani, e  la nostra anima non dipende da un’invalidità.
Mi ci è voluto tanto tempo di riflessioni, pensieri, pianti e dolori. Pochissime persone sincere mi sono state vicino o mi hanno aiutato.
Sapevo benissimo di che patologia ero (e sono tuttora) schiavo. Ma tutto questo non mi ha mai fermato. Il tempo mi ha dato ragione. Dopo un umano periodo di crisi e molta dedizione fisica e mentale, ho ripreso in mano la situazione, ove possibile, ed ho cominciato la mia seconda vita.

WEBSITE: Toni Milano, il guerriero

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